Rodney Ascher – 2015
80′
USA
Afterhours
Il lisergico inizio di “The Nightmare”, presentato nella sezione After hours come horror documentaristico (ma in realtà, come spiegherò più avanti, un documentario orrorifico), proietta immediatamente lo spettatore nella dimensione scenica e meta-filmica che il regista userà come escamotage narrativo a più riprese nei seguenti 90 minuti.
Il tema trattato è quello della paralisi nel sonno, evento in cui all’addormentarsi o al risveglio ci si trova in una condizione di veglia ma totalmente incapaci di muoversi. Un fenomeno umano trasversale, antico e radicato nelle tradizioni popolari, conosciuto come incubus nell’Antica Roma (da cui il termine italiano “incubo”) e come mare (spirito maligno, goblin) nelle lingue germaniche – da cui il night-mare del titolo, scarto semantico/etimologico col termine inglese per “cavalla” ben evidenziato nel famoso quadro di Fuseli del 1781. Questo evento biologico è alla base di molti miti e leggende sulle creature terrificanti che popolano la notte – alcuni fanno risalire ad esso addirittura le origini del vampiro succhia-sangue (la succubus, versione femminile dell’incubus) e, come rappresentato nella pellicola, del rapimento alieno.
“The Nightmare” è narrato da una decina di donne e uomini statunitensi e britannici che parlano della loro esperienza personale di paralisi del sonno. Ai racconti dei protagonisti vengono alternate ricostruzioni sceniche delle loro esperienze, spesso condite con mediocre computer grafica (particolarmente tediosa la ripetizione iniziale di scene di neuroni lampeggianti!) e con green screens molto più efficaci e d’impatto. Il regista non dimostra timidezza nell’uso delle più banali tecniche horror (fotogrammi e rumori improvvisi) ma risulta nettamente più incisivo nelle scelte d’inquadratura e nelle transizioni di scena, capaci di ricreare le atmosfere asfissianti della paralisi.
Dopo un inizio apparentemente improntato alla scientificità del fenomeno e al rapporto dei protagonisti con la letteratura medica e la conoscenza popolare (già abbondante, come mostrato dalle nostalgiche ricerche sui server di AOL, a metà degli anni ’90), la pellicola vira verso una narrativa slice-of-life a cavallo tra l’intimistico e l’orrorifico. Proprio qui sorge il problema principale: il regista e sceneggiatore Rodney Ascher sembra indeciso tra due tagli distinti, il documentario e l’horror, non raggiunge mai un equilibrio narrativo tra i due e propone una pellicola in ultima analisi insoddisfacente su entrambi i fronti. L’aspetto più forte rimane a mio avviso però quello documentaristico: pur avendo dichiarato di non aver consultato studiosi o medici, Ascher ricostruisce gli episodi di paralisi con accuratezza di dettagli fisiologici (il senso di oppressione al petto, il formicolio degli arti, il ronzio crescente nelle orecchie…) e psicologici (l’ansia, i pensieri ossessivi, il senso di presenze nella stanza…).
Sul finale, l’insistenza della narrazione sulle strategie dei singoli protagonisti per affrontare il problema scivola nel banale (la conversione religiosa di una ragazza che riesce a “liberarsi” della presenza dei “demoni del sonno” invocando Gesù) se non nel palesemente ridicolo (l’accettazione passiva di un ragazzo delle spiegazioni pseudoscientifiche e fataliste sulla propria condizione, senza la minima considerazione per le spiegazioni mediche), rovinando l’atmosfera di inquietudine creata a fatica nei minuti precedenti.
In sintesi, un documentario orrorifico solo a tratti, che può convincere un pubblico a digiuno di letture sul tema ma affamato di storie personali sugli stati alterati di coscienza.
Alessio Bucci