TFF OFF 2015 / Recensione

La felicità è un sistema complesso

La felicità è un sistema complesso

Gianni Zanasi – 2015
117′
Italia
FestaMobile

Seconda prova registica di Zanasi sul tema della classe dirigente italiana, la pellicola ha un titolo promettente e delle premesse narrative apparentemente profonde, ma disattende entrambi.
Il protagonista è Enrico Giusti (Valerio Mastandrea), professionista dal lavoro insolito: salvare le aziende in crisi da dirigenti incompetenti (spesso ereditieri di grandi gruppi industriali), diventando loro amico e convincendoli a vendere le loro quote ad altri. Enrico è un personaggio ambivalente, dagli intenti moralmente genuini (la volontà di salvare più posti di lavoro possibili) ma dalla condotta tutt’altro che trasparente (concepisce i suoi “clienti” come dannosi, fondamentalmente dei parassiti, disinteressandosi dei loro problemi personali). Enrico è anche segretamente spinto dalla propria storia personale, legata ad un padre assente il cui passato viene rivelato a metà del film in una ruvida scena di mobbing.
La svolta narrativa è duplice: nella sua vita privata piomba Achrinoam (Hadas Yaron), fidanzata israeliana del fratello minore; nella sua vita professionale piombano invece i giovanissimi Filippo e Camilla Lievi (Filippo De Carli e Camilla Martini), rimasti improvvisamente orfani di entrambi i genitori e proprietari della quota di maggioranza dell’azienda. Questi due eventi, che dovrebbero presentare occasioni di crescita parallela per Enrico, non si risolvono mai del tutto. Il rapporto con Achrinoam è a tratti disteso (fino a sfiorare la love story), a tratti affettatamente conflittuale, e viene da chiedersi quanto sia davvero influente sul cambiamento di Enrico. I giovani Lievi, complice la piatta interpretazione degli attori, non crescono nonostante gli eventi esistenzialmente importanti che si trovano ad affrontare.
Sono proprio i Lievi a rappresentare il maggior difetto della pellicola: quella che sembrava una narrativa su scala di grigi viene appiatita con personaggi in bianco e nero. La rappresentazione della classe dirigente è quasi manichea, con i datori di lavoro di Enrico brutali ed approfittatori e i fratelli Lievi come brillante speranza del futuro etico del capitalismo italiano. Una sequenza su tutte: sulle note magistrali dei Dead Can Dance (la canzone “Children of the Sun” è un inno hippie alle future generazioni) i due arrivano a cavallo di una moto, non un capello fuori posto, e assistono increduli ad una manifestazione di fronte alla fabbrica dei genitori. Il moto di (piatta) indignazione di Filippo sarà immediato e motivato dai grandi ideali del cliché dello studente di filosofia. Ma proprio a questi ideali (la semplicità, la genuina bontà) si adatterà anche Enrico verso la fine del film, dopo una serie di rocambolesche sequenze che strappano più di una risata allo spettatore ma restano narrativamente confuse e inappropriate.
Delude anche come Zanasi glissi sugli aspetti di maggior gravitas della storia (la scena dell’auto-rogo dimostrativo in piazza di fronte al giovane Lievi) con una regia morbida, per nulla drammatica, oppure con la pruderie nella accennata scena di sesso tra Enrico ed Achrinoam, rappresentata con una melensa scena di levitazione in coppia. La volontà del regista di trattare certe tematiche con leggerezza sposta spesso il bilanciamento tra comico e tragico a favore del primo, con un effetto di appiattimento generale.
Anche la scelta di dedicare ad altri personaggi, come quello di Carlo Bernini (Giuseppe Battiston), figlio del capo di Enrico, un ruolo tutto sommato marginale e una presenza irrisoria nel girato finale è un’occasione persa per raccontare una storia dinamica e stratificata.
La felicità è un sistema complesso, dunque? A giudicare dal film, probabilmente no: Enrico sceglie alla fine di abbandonare la sua vischiosa vita professionale e di adattarsi esistenzialmente alle giovani speranze degli imprenditori “illuminati”. A rendere godibili le quasi due ore della pellicola restano comunque le ottime interpretazioni di Yaron e Mastandrea, che riescono a regalare momenti di genuina comicità ed ilare ironia ad un pubblico altrimenti annoiato da una trama piatta e decisamente non innovativa.

Alessio Bucci