(di Francesco Migliaccio)
Vergiss dein Ende ha un Mondo, un’Isola dei Morti e un Istituto di Igiene. Nel Mondo le persone nascono e crescono, si incontrano e magari mettono su famiglia: trovano la via di casa. Nel Mondo gli anni si aggiungono uno sull’altro e appesantiscono le spalle dei suoi abitanti; quando le persone invecchiano la vita è sempre più irta di ostacoli e sofferenze. La strada più facile per uscire dal Mondo conduce all’Istituto di Igiene: i capelli bianchi e la pensione spalancano le sue porte e l’Istituto attende i pazienti fra bianche pareti, in letti morbidi e in cortili senza rumori. L’Istituto ha un perimetro da cui non si può uscire – se non per morire.
Qualche anziano si accorge di non essere più adatto al Mondo – perché non fa più bene l’amore, perché non ha più un compagno, perché gli mancano le energie – e sente che forse è giunto il momento di uscire di scena. Qualche anziano, però, ha una santa paura dell’Istituto e per nessuna ragione entrerebbe in quel grande edificio dove tutti i pavimenti sono lucidi. Per i vecchi amanti della libertà esiste l’Isola dei Morti, un brandello di terra in mezzo al mare: l’uomo del traghetto parte ogni giorno. Sull’Isola dei Morti ci vai per suicidarti, oppure per scoprire di poter ancora affrontare il Mondo e spostare la fine un poco più in là.
Hannelore è donna ormai anziana, costretta ad occuparsi del marito Klaus malato di Alzheimer. Il loro figlio vorrebbe mandare il vecchio nell’Istituto ma Hannelore si oppone e ogni giorno lava e nutre Klaus: lo tiene al Mondo. All’imporvviso la donna non si sente più in grado di reggere la quotidianità soffocante e scappa con Gunther, il vicino, sull’Isola dei Morti. Klaus finisce nell’Istituto (ha il suo letto, la sua camera bianca) mentre Gunther ed Hannelore provano a farla finita sull’isola al di là del mare, dove la pace della natura accompagna la fine della percezione. I due si renderanno conto di non essere ancora pronti per la morte: un gruppo di uomini del Mondo li recuperano su una barca di salvataggio.
Il titolo del film suona, in italiano: dimentica la tua fine. Klaus l’ha dimenticata, insieme a tutto il resto – non riconosce nemmeno Hannelore – e quando la moglie gli propone di fuggire dall’Istituto Igienico lui non sembra volere olterpassare i confini: senza memoria si vive bene fra pareti bianche. Gli abitanti degli Istituti – lo ricorda sempre l’ingegnere Kastorp – hanno sempre un rapporto sfasato con il tempo del Mondo.
Vergiss dein Ende mi è sembrato finora il migliore della rassegna. Un sapiente uso del colore delle immagini e un accurato lavoro sui tempi delle vite (anche nel Mondo il tempo non è così lineare) permettono alla pellicola di non scadere mai nella retorica e Kannegiesser dimostra di essere un regista marittimo, in grado di cogliere la realtà che oscilla fra le coste del Mondo e le Isole fuori da esso.