Gabriele Di Munzio
19’
Francia/Marocco – 2016
Italiana.Corti
Quattro i cortometraggi raccolti sotto un macro gruppo, chiamato Wild Horses. Come anche per gli altri gruppi (Shine a light e Time is on My Side), è il titolo di una delle canzoni più famose dei Rolling Stones scritta da Mick Jagger e Keith Richards nel 1971. Ma cosa hanno in comune un gruppo britannico rock e dei corti italiani? Questa è una domanda che continuerò a portarmi dietro, perché non mi è molto chiara la loro connessione, ma ho comunque cercato di analizzare la canzone in base agli argomenti dei film. Credo che nessuno di questi filmati sia legato tra loro, ma piuttosto ognuno riprende un tema trattato nella canzone: Last Ship parla di una famiglia ben radicata nelle sue origini e nella sua attività lavorativa che “nemmeno i cavalli selvaggi potrebbero trascinare via”(wild horses couldn’t drag me away), come dice il gruppo inglese. Alla stessa strofa si ricollega anche Onikuma, che narra di un animale mitologico che si ciba di cavalli,”cavalli selvaggi” per l’appunto. In tempo per modifiche temporali si ricollega al tema dell’infanzia, citata dai Rolling Stones come una “childhood living is easy to do. The things you wanted I bought them for you”(l’infanzia è facile da vivere, le cose che ti servono qualcuno te le compra). E infine Tanjatales viene ricondotto facilmente alla sofferenza e al dolore. “i whatched you suffer a dull aching pain” (ti ho vista soffrire di un dolore sordo e insistente).
Tanjatales è il quarto corto della sezione Wild Horses, girato da Gabriele Di Munzio tra la Francia e il Marocco.
A differenza degli altri tre cortometraggi, qui l’uso della parola è fondamentale. Una voce di ragazza fuori campo narra una storia di violenza domestica, non sappiamo se stia parlando di lei stessa, di un’amica o di una parente, né sappiamo se si stia rivolgendo a noi o ad un altro ascoltatore interno al film; niente. Non sappiamo niente, neanche il suo nome.
La ragazza, senza tanti giri di parole e molto crudelmente, ritrae la condizione (retrograda) delle donne in Marocco; affronta il problema delle spose-bambine e del fatto che l’onore della famiglia venga prima del bene per i propri figli.
Ma la triste storia, forse a causa della giovane età della ragazza o della sua pragmaticità nel raccontare, è pervasa da un’atmosfera leggera e fresca, che non rispecchia i fatti narrati.
Un linguaggio chiaro, una realtà cruda e una città trafficata rendono questi 19 minuti di corto eccellenti, interessanti e per nulla banali.
Emma Squartini