Sezione TFF 2012: Torino 30
Categoria TFF: Zuppa d’anatra
Puoi uscire dal cinema arrabbiato per due motivi: o perché suscitare questa reazione è l’intento di un regista particolarmente bravo, oppure perché il film ha fatto schifo e hai la sensazione di esser stato preso in giro.
Quello che ho provato all’uscita da Los Terrados era decisamente rabbia del secondo tipo.
Chiariamolo subito: io non mi reputo un cinefilo esperto e appassionato che se ha aspettative su un film e quello ha una fotografia non delle più brillanti non mangia e non esce per una settimana. Non è tanto l’aspetto artistico del film che mi porta a pensare che sia il più brutto mai proiettato in 30 anni di torino film festival, quanto l’implicita saccenza e la banalità con cui questo Muccino spagnolo ci racconta la crisi e la disoccupazione giovanile. Una banalità da “utilizzo cliché così nel dubbio nessuno se la prende”; una banalità che fa più male in un film festival dove altre pellicole trattano con molta più intelligenza le piazze, le proteste, la crisi e la disoccupazione. L’autenticità fa la differenza tra i protagonisti di terrados e l’aiuto cuoca di Sarajevo, gli allevatori di cavalli egiziani, i minatori sardi, la cameriera di Praga e altri personaggi che abbiamo conosciuto sul grande schermo in questi giorni.
La sinossi del catalogo film festival è eccessivamente invitante e la sala è gremita, con stupore del regista stesso, presente alla proiezione. L’idea dovrebbe essere quella di raccontare Barcellona al tempo della crisi attraverso le vicende di un gruppo di giovani disoccupati che si danno appuntamento sui tetti della città per ammazzare il tempo. Era un’idea anche buona. Peccato che la città e la sua storia recente rimangano sullo sfondo reso cartonato da una scadente fotografia. E dire che una città come Barcellona ne avrebbe offerti di spunti e scorci molto più interessanti di quelli mostrati da Sabini nel suo film.
I dialoghi, che dovrebbero dettare i ritmi della pellicola, appiattiscono i personaggi. Niente funziona, nemmeno la colonna sonora: buoni brani musicali, che però incorniciano e esaltano gli stereotipi su una generazione che, sinceramente, hanno veramente stufato. Che poi questa generazione qual è? I protagonisti sembrano avere dai 30 ai 40 anni, hanno i problemi di chi ne ha 25 e parlano come se ne avessero 13.
Gli eroi del nostro tempo, caro Sabini, non sono quelli che non si tagliano la barba per non piegarsi al sistema, non si assumono le proprie responsabilità e passano il tempo con le cuffie in testa e il mac. E soprattutto non sono le vittime di questo decennio infame. Mi auguro che il tuo soggiorno a Torino e le proiezioni a cui mi auguro tu abbia assistito ti abbiano insegnato qualcosa su quello su cui hai preteso di pontificare.
Roberto Origliasso