di Alan Arkin, USA, 1971, 35mm, 110′
Sezione TFF 2013 – New Hollywood.
Prendete Alfred, fotografo apatico che non sa cosa sia l’amore, e Pasty, giovane arredatrice che invece si innamora troppo facilmente, condite il tutto con un fantomatico assassino che uccide senza movente, spruzzateci di tanto in tanto qualche telefonata anonima carica di sospiri ed ecco che otterrete uno dei film più grotteschi degli anni ’70.
Alfred e Patsy si conoscono come li conosciamo noi, quasi per caso, tra un cazzotto di troppo e una borsetta rubata. Sembrano non avere nulla da spartirsi, simili a due linee parallele come sono, eppure dopo qualche partita a tennis e passeggiata a cavallo sono lì, una in abito bianco, l’altro in smoking e papillon, a celebrare le nozze più strampalate della storia del cinema: parroci dagli occhi stralunati e capelli lunghi, promesse parafrasate, sermoni sulla scarsa attendibilità del vincolo matrimoniale e risse capaci di coinvolgere la chiesa intera. Ma la bizzarria sembra non aver fine, ampliandosi in un’escalation di scene comiche e nonsense, introducendo personaggi sempre più anormali e depistanti, dando quella sfumatura cult di cui la storia pareva peccare.
Il tentativo di Alan Arkin è quello di denunciare la società americana di quei tempi mescolando l’ironia al grottesco, l’irrealtà alla violenza gratuita. Perciò mi è venuto quasi spontaneo paragonare la famiglia bislacca di Patsy a quelle dei celebri cartoni animati come i Simpson o i Griffin, nati per enfatizzare il lato superficiale e squilibrato dell’americano medio. Perché se diamo una scorsa più profonda si può facilmente notare che la sconsideratezza di Alfred non si discosta poi molto da quella di Homer, entrambi incapaci di ascoltare la propria moglie per un lasso di tempo superiore ai dieci secondi, o che la stravaganza e la mattanza del fratello di Patsy combaciano con alcuni caratteri del pestifero Bart Simpson. Che Matt Groening abbia spudoratamente scopiazzato o tratto spunto dal buon vecchio Arkin? O forse, molto più semplicemente, è l’impronta della tipica famiglia americana a non essersi sgretolata del tutto con il passare degli anni? Alla fine sono le astrusità che intaccano la psicologia dei personaggi a rendere il tutto più interessante e ad aumentare l’audience di quel pubblico sempre più bisognoso di vedere come i propri difetti vengano tramutati in caricature divertenti.
Pungente, frastornante, sarcastico, “Little Murders” è un film assolutamente da mettere in lista, non solo per farsi una sonora risata, ma anche per assistere ad un assemblaggio vincente di scene quotidiane trasformate in surreali, una trama ricca di colpi di scena e un’inventiva all’infuori dell’immaginabile.
di Sara Braghin