TFF OFF 2012 / Recensione

Dimmi che destino avrò

Dimmi che destino avrò

Sezione TFF 2012: Festa Mobile

Categoria TFFOFF: Bulli & pupe

Sono andato a vederlo promettendo a me stesso: qualsiasi cosa vedrai ne parlerai bene. Questo perché avevamo appena finito di incontrare il regista Peter Marcias con tutti i suoi colleghi sardi in concorso e alcuni rappresentanti della Sardinia Film Commission presso la sede di Arci Torino, in Via Verdi 34, luogo dove TFFOFF ospita i protagonisti del festival (parole non mie, ma de “La Stampa”. Io sono meno pretenzioso e avrei detto “ospitiamo chiunque sia disposto a venire”).

Tra di loro anche Columbu, regista di Su Re, uno degli italiani in concorso quest’anno.
Quella sarda è stata un’invasione proprio piacevole e allegra. Terminati incontri e videointerviste (che potete trovare su questo sito) è finita tutto in mirto.

Mi ero ripromesso che avrei scritto bene di loro tutti, e di Peter Marcias, così alla mano, in particolare.

Mi dispiace molto non poter mantenere la promessa.

Iniziamo dal titolo. Il film dovrebbe essere un film sulla comunità rom sarda, girato con le modalità del documentario (in un campo rom vero, con attori presi dalla strada), e, a detta dell’autore, la scelta è stata dettata dall’esigenza di scardinare qualsiasi pregiudizio, senza finire nel “solito” reportage d’inchiesta. Ok, diciamo che richiamare nel titolo “zingara” della Zanicchi non è il piede giusto con cui partire.

Va beh, dai Peter, tifo per te e per la tua scelta di parlare di rom senza ambizioni neoraliste. Che poi il neorealismo è noioso, ma nessun cinefilo lo ammetterà mai. Chiuderò un occhio sul titolo, mi prometto, e continuo a tifare per te.

La sceneggiatura è poliziesca: un commissario (interpretato da Salvatore Cantalupo) indaga sulla scomparsa di una minore in un campo nomadi. Indagando conosce la famiglia del sospettato e soprattutto la bella sorella, appena tornata da Parigi. La vera natura del tradimento è sospettabile al secondo dialogo. Da lì in poi è tutto uno scorrere di banalità buoniste e mal rette da una sceneggiatura assolutamente innaturale e sforzata.

I personaggi si muovono sullo schermo senza un apparente motivo. Cambiano opinione e maturano, ma difficile capire perché. Probabilmente non è colpa loro ma della trama così scarna, ma gli attori professionali sono ben sotto i non professionisti presi direttamente dal campo (a eccezione di Vesna Bajramovic, Alina sullo schermo). Cantalupo ma una volta sapevi recitare! Che ti è successo tra Gomorra e questo film?

L’unica scena veramente degna: l’ingresso delle forze dell’ordine nel campo.
Era legata alla trama, ben girata e portava con sufficiente forza sullo schermo le assurdità del sistema giuridico italiano (e internazionale) che discriminano la minoranza rom, la discriminano nel silenzio più totale, la discriminano tutti i giorni, la discriminano contro ogni senso della realtà e affidando il giudizio al pregiudizio

Davvero, fidati Peter, era tutto già chiaro così: perché poi inserire tutti quei dialoghi didascalici tra il commissario e i suoi colleghi? Perché rovinare con un surplus di commenti e chiacchiere da circolo arci tutto?

Una buona idea non giustifica un film buonista. Forse erano meglio i cliché neorealisti, forse i cortometraggi della sezione Onde mi hanno fottuto il cervello per sempre, però ho rimpianto il “solito” reportage d’inchiesta. Peccato, la prossima volta il mirto lo mettiamo noi, però promettici che un film così non lo farai mai più.

Roberto Origliasso