Di Andrew Bujalski, Usa, 2013, video, 92’, bn/bw-col
Sezione Tff2013: After Hours
Film diverso dal solito per Andrew Bujalski, uno dei più conosciuti e apprezzati registi della corrente mumblecore americana, ma solo per la scelta di girare con una Sony AVC3260. Bujalski, infatti, ha sempre girato film indipendenti in 16mm che definire a basso budget è quasi un eufemismo (vedi Funny HA HA, acclamatissima opera prima del regista). Ma, come precisa il produttore del film, «Andrew è uno un po’ fuori moda a cui piacciono le cose antiquate» ed è per questo che il prodotto finale è un film in un bianco e nero stilistico dai toni sbiaditi ambientato nei primissimi anni ’80 durante un torneo tra programmatori di software per giochi di scacchi. Atmosfera nostalgica di nerd con occhialoni, maglie a righe e computeroni in spalla per intenderci. Aggiungiamoci un improbabile gruppo alle prese con una sorta di percorso catartico per coppie dai metodi discutibili e il gioco è fatto. Ma Computer Chess non è solo questo. È anche la storia di un introverso ragazzo, Peter Bishton (Patrick Riester) il classico nerd con taglio di capelli alla playmobil e problemi a relazionarsi con gli esseri umani, alle prese con la risoluzione del malfunzionamento del software della sua squadra. Malfunzionamento da cui partirà il discorso centrale del film intorno al tema, più volte affrontato nella cinematografia moderna, del dialogo uomo-macchina (2001: Odissea nello spazio è l’esempio più noto). Del resto, il weekend del torneo si apre con la presentazione in cui un noto giocatore di scacchi, con una certa arroganza, afferma davanti al pubblico «Nessun computer riuscirà a battermi prima del 1984». Ma ben presto tra colpi di scena e strane teorie del complotto verrà fuori che forse quella posizione dovrà essere rivista. Un film indipendente, nel vero senso della parola, che sfugge dall’etichetta ormai omnipervasiva dell’indie dei ragazzotti tutti Franz Ferdinand e moustaches e che forse proprio per questo non raggiungerà mai le sale italiane al di fuori dei Film Festival.
Per concludere: momenti esilaranti, dubbi esistenziali e fanatismo nerd per una rivisitazione del sempre attuale discorso sul confronto tra intelligenza umana e intelligenza artificiale. Da vedere.
di Eugenia Valentini