TFF OFF 2012 / Recensione

Blancanieves

Blancanieves

Sezione TFF 2012 – Festa Mobile

Categoria TFF OFF – Fuori

Qualcuno dovrebbe spiegarmi questa tendenza contemporanea a far film che rimandano al cinema muto delle origini. Blancanievies, come The Artist, è un camouflage bello e buono. Entrambi vestono gli abiti di anziane ed eleganti signore, è vintage!

Ambientato in Spagna, negli anni 20, Blancanieves è una libera reinterpretazione del racconto dei fratelli Grimm che ci viene riproposta in forma di film muto, in bianco e nero, in cui la protagonista è Carmen, la bella figlia di un ex torero e i suoi sette aiutanti una compagnia di nani toreador.

Bellissima la fotografia che ci porta subito ad immergerci in un mondo fiabesco, ma soprattuto incantevoli gli abiti scelti, che, proprio grazie al bianco e nero illuminano l’immagine: non a caso il vestito da torero si chiama “traje de luces” (vestito di luce). Gli abiti, come altri elementi generalmente di “abbellimento”, acquistano compiti descrittivi; in un film muto, in cui anche l’uso dei sottotitoli è parsimonioso, tutti gli oggetti inanimati hanno un incarico importante, tante piccole “voci” che contribuiscono a raccontarci un pezzetto, un dettaglio, della storia.

In un’analisi che vorrebbe essere più profonda, notiamo come nell’opera di Berger, vi è quella tendenza all’autoreferenzialità, molto diffusa nel cinema moderno e, in seguito, in quello contemporaneo; così facendo il film non solo ci racconta una storia ma dentro la storia racchiude lo spazio per una riflessione sul cinema stesso.

In Blancanieves, il racconto si apre e si chiude con la stessa immagine, la folla che si avvicina all’arena per assistere alla corrida, così vorrei riproporre, in chiusura di questa breve recensione, la stessa domanda dell’incipit: perché fare oggi un film muto e in bianco e nero?

La risposta possiamo forse rintracciarla nel periodo di transizione che il mondo del cinema sta vivendo, sono in molti a sostenere che un determinato modo di far cinema stia morendo. In questo particolare contesto, creare un’opera che rimanda al cinema delle origini ma usando una tecnologia moderna come quella del digitale vuole assumere un ruolo da collante tra il vecchio e nuovo? E’ una riflessione sul cinema contemporaneo che può essere fatta solo vestendo gli abiti vintage, per restare in tema, di un film in muto?

Forse la mia analisi è troppo riduttiva, mi rimetto a voi per riflessioni più profonde.

Sara Barbot