TFF OFF 2017 VII edizione / Recensione

Beast

Beast

Michael Pearce
107’
UK – 2017
Torino 35

La voce fuori campo della protagonista che racconta la follia delle orche costrette in cattività rende in modo palpabile l’dea di una costrizione, claustrofobica, dando l’avvio a un film che offre le medesime sensazioni nello spettatore, anche quando le scene dovrebbero trasmettere tutt’altro.

Le prime chiavi di lettura per il forte disagio di Moll (interpretata dall’eccellente Jessie Buckley) sono banali, fin troppo. Una madre ossessiva e dispotica, una famiglia “perfetta” che contrasta con l’indole ribelle della figlia. Il bianco, il chiarore emanati dalla madre e dalla sorella maggiore contrastano con i colori ignei di Moll.

Tutta questa impalcatura, però, crolla nell’osservare gli sguardi e i comportamenti della protagonista. La netta percezione della “bestia” che è dentro di lei, e che a tratti esce con l’impeto del mare che si frange sulle coste dell’isola di Jersey (location del film), è la vera chiave.

Poco alla volta emerge quel fortissimo lato oscuro ingabbiato in Moll. La scelta di un fidanzato in netto contrasto con tutto ciò che per la sua famiglia potrebbe essere socialmente accettabile va in questa direzione. Se all’inizio lui, Pascal (Johnny Flynn), pare il duro fuori dalle regole, la rabbia vera, cieca, sta in Moll. Nel suo accanirsi su una lepre, negli urli che tolgono il sonoro al film e fanno indietreggiare chiunque, come un’orca in cattività, appunto.

Su questa vicenda psicologica si innesta il thriller: tre ragazzine sono state uccise e la colpa ricade su Pascal. L’ovvio capro espiatorio in una società chiusa e perfetta, almeno all’apparenza. E quando i sospetti si fanno più pressanti anche la bestia dentro Moll scalpita per uscire. Iniziano le bellissime scene di sogno, o incubo, perfettamente integrate nella narrazione.

Si insinua il ragionevolissimo dubbio nello spettatore: non è Pascal ma Moll, l’assassina. Lei che aveva ferito una compagna di scuola al viso con delle forbici. Lei che sogna di ragazzine morte e forbici conficcate nel petto. Lei che mente per proteggere il fidanzato con una tale intensità da convincere anche chi sa che sta mentendo. Lei che si sdraia in una tomba scavata nel terreno e si mette in bocca la terra, proprio come l’assassino fa con le vittime.

Fino qui la tensione, i contrasti forti tra musica e immagini, gli sguardi di Moll, tutto insinua il dubbio e mantiene un ritmo narrativo degno di un vero thriller riuscitissimo.

Poi i dubbi, le scene che paiono non avere il coraggio di chiudersi, i personaggi che si perdono, la famiglia di Moll che scompare dalla narrazione, tutto sembra implodere. E si arriva al climax che, però non convince più, come se il regista a questo punto non avesse più chiaro come concludere il film. Così lo spettatore si perde, il pathos si dissipa, la storia si disgrega e Moll e Pascal insieme a tutto il resto.

Federica Masera