TFF OFF VI edizione 2016 / Recensione

Nirvana

Nirvana

Gabriele Salvatores – 1997
111’
Italia/Francia
Cose che verranno. La Terra vista dal cinema

Gabriele Salvatores è senza dubbio una figura particolare se inserita nel contesto del cinema nostrano. Particolare perché sembra essere il solo (o uno dei pochi, comunque) regista con un’ampia distribuzione capace di sperimentare con generi con cui non molti hanno sperimentato nel nostro paese. Lo ha dimostrato pochi anni fa con Il ragazzo invisibile, pellicola che, sebbene accolta con critiche molto discordanti,  ha rappresentato un punto d’inizio per una tipologia di film che in Italia non si erano mai fatti prima,  perlomeno non con un pubblico così vasto. Ma lo ha dimostrato anche vent’anni fa, lanciandosi nel genere Cyberpunk con questo film.

Per Jimi, programmatore di successo di una facoltosa società di videogiochi, le cose prendono una svolta inaspettata quando un virus infetta Solo, il protagonista del suo nuovo lavoro prossimo all’uscita, rendendolo conscio di essere solamente il personaggio di un gioco. La richiesta da parte di Solo di venir cancellato lascia Jimi in uno stato di confusione che lo porta ad imbarcarsi nei meandri della megalopoli in cui vive, allo scopo di eliminare la copia madre del gioco e soddisfare così il desiderio di pace della sua stessa creatura.

Una premessa semplice, quella di Nirvana, che da inizio ad un film senz’altro peculiare nella sua messa in scena. Salvatores attinge a piene mani dai lavori di autori come Gibson e da film come Blade Runner per dare vita alla sua Italia distopica, creando un’atmosfera di degrado veramente efficace e riuscendo, nel mentre, ad anticipare alcuni elementi che sarebbero poi ricomparsi pochi anni dopo in film di cassetta come Matrix.

Ma la domanda che ci si pone guardando dopo vent’anni questa pellicola è “Perché si dovrebbe parlare di Nirvana oggi?”.  La risposta, a mio parere, è da ritrovare non tanto nella trama, che per quanto adatta al genere non manca certo di momenti grossolani e non proprio riuscitissimi, quanto più nel contesto in cui il film si è inserito alla sua uscita. Parliamo di un periodo di svolta, un periodo in cui l’Italia cominciava a vedere l’ingresso dell’informatica nella vita di tutti i giorni,  e questo è certamente visibile in alcuni elementi del film che nonostante lo rendano datato agli occhi di uno spettatore moderno, riescono a sollevare delle domande che sfiorano l’esistenziale. La tecnologia è dovunque nel mondo di Nirvana: ha invaso case,  strade e anche persone, diventandone parte integrante e rendendo impossibile vivere senza di essa. Se visto in un contesto contemporaneo, non è forse questo il mondo in cui viviamo oggi? Salvatores ha immaginato per questo film un futuro che piano piano è diventato il nostro presente, seppur in maniera silenziosa (e certamente non così drastica come la realtà che il film ci presenta).

La cosa curiosa è che ad oggi nessun altro regista, all’infuori del circuito di nicchia dei film underground, ha mai provato a rifare un film come Nirvana in Italia, e viene da chiedersi il perché.

Il Cyberpunk è oggi più che mai un genere ricco di spunti e possibilità, e Salvatores con questo film ce lo ha mostrato quasi vent’anni fa.

Edoardo Perna