Gabe Klinger – 2016
75′
Portogallo
34° Torino Film Festival
Un uomo, una donna e un bar. Un incontro a Porto. Sono poche le informazioni che riusciamo ad afferrare sulle vite di Jake, un impacciato ragazzo americano, e Mathi, francese, di qualche anno più grande. La situazione è così banale, nel senso neutro di “quotidiana”, che ci viene il sospetto che qualcosa di torbido soggiaccia alla trama. E invece no, è questa banalità il cuore di tutto, o, forse, il logorio della memoria nel cercare di ricostruire qualcosa che ci sfugge, un elemento non banale che possa illuminarci una “scena” della nostra vita. Assistiamo alle diverse fasi della breve relazione tra Jake e Mathi diverse volte, riascoltiamo le loro parole, ma si aggiungono elementi, dettagli, altre vicende di cui è difficile afferrare la sequenza temporale. Il montaggio è paragonabile a quello strano meccanismo per cui ricomponiamo i fatti della nostra vita come in una sequenza cinematografica: alcuni elementi si spostano, altri vengono omessi o condensati come nei sogni e in generale si cerca di limare una materia confusa in cerca di una storia perfetta e raccontabile in modo lineare. Ma qui di lineare non c’è nulla. Mathi è realmente sposata con una figlia o immagina solo cosa sarebbe successo se non avesse incontrato Jake? L’incontro di Jake e il marito di Mathi è reale? E, soprattutto, quando si incontrano i due protagonisti? Quando e dove si rincontrano? Qual è il finale della loro relazione? Un banale lieto fino o un altrettanto banale addio? Non ci è dato saperlo, ma ognuno può decidere e ricostruire a suo modo. Un atmosfera fioca, sfocata e sfuocata letteralmente, in cui ci sembra che qualcosa sia ancora da mettere a fuoco e in cui anche la musica sembra parte di questo montaggio mentale. Una narrazione sulla narrazione in cui talvolta le immagini si impongono con estenuante insistenza (le scene di sesso così prolungate sono per lo più superflue).